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Forse Ferdinand Ossendowski mancò il possibile ingresso al Mondo Sotterraneo di soli pochi gradi longitudinali, guardando in ogni caso troppo a Oriente. Recenti scoperte archeologiche sostengono infatti che il centro “metafisico” dell’Asia si trovi nel cuore della Siberia, anziché nei pressi dell’antica capitale mongola, come lui continuò a sospettare. Proprio lo stesso errore rivelatosi fatale per un altro Cercatore di Verità, Georges Ivanovic Gurdijaeff, tradito più dalla voracità sanguinaria dei suoi cammelli impazziti nel Gobi, che dai misteriosi emissari della Confraternita Sarmung. Dopo la caduta dell’ultimo Zar e con la Polonia ormai vicina all'indipendenza, Ossendowski mirava a rientrare nella suo Paese natale ma, unitosi ai Bianchi durante la Rivoluzione Russa, finì suggestionato dai racconti del Bogd Khan, ambiguo leader spirituale della Mongolia Esterna. Si era infatti convinto che la città di Urga fosse prossima al punto in cui – secondo la tradizione esoterica buddista - il “Re del Mondo” governerebbe di nascosto la Terra. Stando agli ultimi studi, invece, si troverebbe esattamente 250 chilometri a nord di Omsk, città in cui lo stesso Ossendowski aveva vissuto per alcuni anni insegnando ingegneria al Politecnico locale, per poi essere cooptato nel governo provvisorio anti-bolscevico dall’ammiraglio Kolchak e subirne infine la tragica disfatta.
Forse Ferdinand Ossendowski mancò il possibile ingresso al Mondo Sotterraneo di soli pochi gradi longitudinali, guardando in ogni caso troppo a Oriente. Recenti scoperte archeologiche sostengono infatti che il centro “metafisico” dell’Asia si trovi nel cuore della Siberia, anziché nei pressi dell’antica capitale mongola, come lui continuò a sospettare. Proprio lo stesso errore rivelatosi fatale per un altro Cercatore di Verità, Georges Ivanovic Gurdijaeff, tradito più dalla voracità sanguinaria dei suoi cammelli impazziti nel Gobi, che dai misteriosi emissari della Confraternita Sarmung. Dopo la caduta dell’ultimo Zar e con la Polonia ormai vicina all'indipendenza, Ossendowski mirava a rientrare nella suo Paese natale ma, unitosi ai Bianchi durante la Rivoluzione Russa, finì suggestionato dai racconti del Bogd Khan, ambiguo leader spirituale della Mongolia Esterna. Si era infatti convinto che la città di Urga fosse prossima al punto in cui – secondo la tradizione esoterica buddista - il “Re del Mondo” governerebbe di nascosto la Terra. Stando agli ultimi studi, invece, si troverebbe esattamente 250 chilometri a nord di Omsk, città in cui lo stesso Ossendowski aveva vissuto per alcuni anni insegnando ingegneria al Politecnico locale, per poi essere cooptato nel governo provvisorio anti-bolscevico dall’ammiraglio Kolchak e subirne infine la tragica disfatta.
E’ vero. Omsk non è equidistante dalle coste asiatiche,
come proclama invece l’obelisco di Kyzyl nella piccola repubblica di Tuva; né possiede snodi ferroviari strategici alla
pari di Novosibirsk, da dove la
Transiberiana si lancia alla conquista del cuore asiatico. Omsk, però, ha dalla
sua una nutrita schiera di ricercatori e, se gli scavi arrivano a dar credito addirittura
alle leggende, allora l’ipotetico perno del mondo pare destinato davvero a
trasformarsi in un’irresistibile calamita. Per molti, in fondo, è il suo stesso
nome a far segno: Om-sk. “Questo è il potere conferito ad Agarthi dalla misteriosa scienza dell’Om – annotava proprio Ossendowski nel suo eclatante resoconto di
viaggio “Bestie, Uomini e Dei”
(1924) – pronunciando il quale cominciamo tutte le nostre preghiere. Om è il
nome di un antico Santo, il primo Goro, vissuto trecentotrentamila anni fa (il
Buddha). Fu il primo uomo a conoscere Dio e a insegnare all’umanità a credere,
sperare e combattere il Male. Allora Dio gli conferì potere su tutte le forze
che governano il mondo visibile”.
I
5 LAGHI DI OKUNEVO
Raggiungibile
dopo cinque ore di bus nella taiga più fitta, il remoto villaggio di Okunevo custodirebbe fra i suoi cinque
laghi i resti di un antichissimo tempio consacrato al dio scimmia Hanuman. A
confermarlo non sono solo le visioni mistiche di Rasma, la discepola di Satya-Sai-Baba che qui giunse nel 1993
su indicazione dell’ispirato profeta indiano, ma una sorprendente coincidenza
di prove che ha fatto del villaggio uno dei maggiori centri siberiani di
pellegrinaggio, con templi consacrati a Shiva, a Krishna, ma anche ad antiche divinità slave e al culto dei Vecchi Credenti. Petroglifi
attribuibili all’antica cultura di Okunevo, sviluppatasi attorno al terzo
millennio avanti Cristo, sono stati infatti ritrovati dall’archeologo Karl Jettmar nel 1987: a sorpresa, però,
non nel tradizionale bacino del fiume siberiano Yenisey, ma nell’alta valle
dell’Indo, fra le montagne del Karakorum. Un dettaglio sino a oggi trascurato
da quasi tutti i ricercatori. Seguendo le conclusioni di Lyudmila Sokolova pubblicate su Il Giornale degli Studi
Indo-Europei, questo sarebbe invece l’anello mancante alla teoria secondo cui
le divinità dei sacri Veda discesero in India, insieme alle cosiddette
popolazioni ariane, muovendo dalle lande siberiane dove scorre l’emblematico
fiume Tara (il cui nome, in India, indica la dea della Pietà).
Ceramiche,
frammenti di specchi e sepolture sono emerse a Okunevo sin dal 1963, ma a
tingere gli scavi di giallo avrebbe contribuito pure il rinvenimento di alcuni
teschi umanoidi allungati, scomparsi in poco tempo a causa di un sospetto
intervento del Kgb (ma di cui
sopravvivono due analoghi esemplari nel museo etnografico del vicino centro di Muromtsevo). Ulteriori
prove di dei? Che siano forse i resti dei leggendari 12 Goro, o aiutanti del Re
del Mondo, di cui hanno parlato sia Ossendowski che René Guenon? Se si tiene conto che le analisi delle acque dei laghi
Linevo, Shuchye, Danilovo e Shaytan, tutti raccolti nell’arco di 30 chilometri
dal villaggio ma raggiungibili anche a piedi, attestano una composizione
minerale d’origine meteoritica, non dovrebbe stupire il fatto che nuotare nei loro
bacini procuri incredibili benefici alla pelle, alla tiroide o alla cura dei
problemi articolari.
A tal punto che gli abitanti locali dichiarano di sentire i propri corpi pervasi da un’energia sconosciuta, rigenerante, talvolta potentemente erotica, arrivando a sostenere di avere chiare visioni di fenomeni non naturali in prossimità dei laghi. Gli stessi archeologi dell’Università di Omsk hanno sospeso le ricerche in loco, per via di non ben specificati “segnali ostili”. Accessi di follia. Denudamenti immotivati. Suoni e odori improvvisi. Smarrimenti nella taiga, nonostante l’uso di tecnologie d’orientamento sofisticatissime. Probabilmente inquieta di più sapere che il colore della superficie del lago Shaytan, dotato di un triplo fondo in cui Rasma sostiene si trovi un potente cristallo collettore d’informazioni sul rapporto fra cieli e terra, rifletta di volta in volta le gradazioni dello spettro della luce.
L’INVISIBILE
EBEYTY
Tradizione
popolare vuole che le virtù curative dei laghi di Okunevo risultino più
efficaci solo qualora si riesca a immergersi anche in un quinto specchio d’acqua,
apparentemente invisibile. C’è chi sostiene si tratti solo di una metafora del
proprio io, chi di una piccola conca quasi impossibile da raggiungere ma pur
sempre nei paraggi, e chi invece del temuto lago Ebeyty. Ubicato a sud-ovest di Omsk, fra le comunità mennonite di Poltava, Isilkulskom e Moskalenskii (quest’ultima
a circa un’ora e mezza da Omsk in elettrichka, ricorrendo poi a un taxi per visitare
il lago), Ebeyty non è posto per tutti. Attorniato da chilometri di terreno
scabro ed estremamente friabile, può essere raggiunto solo quando il tempo è
molto secco: in caso contrario, si rischia di essere risucchiati da sabbie
mobili. In realtà i rari visitatori non attendono che quello, poiché le sue
acque nere e limose sono uno straordinario concentrato di cloruro-solfato a
elevata alcalinità, impreziosito da sodio, calcio, magnesio, cloro, idrogeno,
boro e persino bromo: una vera e propria panacea per disturbi quali la
sciatica, le malattie urologiche e traumatiche, così come contro la sinusite,
di cui oggi ci si avvale persino nei sanatori di Omsk. Se si considera che pure
le fonti del monastero di Achair, ex
campo di prigionia a 50 chilometri a sud di Omsk (lungo l’autostrada Cherlak),
possiedono proprietà terapeutiche affini, la teoria dei “vasi comunicanti
sotterranei” di Okunevo trova qui ulteriori indizi.
GENERALOVKA,
ROCCAFORTE COSACCA
Controllare
il centro dell’Asia, dal punto di vista geopolitico, significa avere in pugno l’intero
continente, ragion per cui - dagli zar all’ammiraglio Kolchak o al barone
sanguinario Ungern Von Sternberg - tutti
hanno sempre attribuito all’area di Omsk un ruolo altamente strategico. Anziché
concentrare i propri effettivi nella grande città sul fiume Irtysh, un tempo
capitale dei Cosacchi, da alcuni anni gli stessi hanno creato il loro maggior
avamposto siberiano nel villaggio di Generalovka,
a ridosso del confine col Kazakhstan sulla strada per Odesskoie (a un’ora di
bus da Omsk). Grazie alla ricca campagna, qui è ospitato il miglior centro d’allevamento
dei famosi cani da caccia siberiani: ricorrendo all’aiuto di un cavallo e della
propria sagacia, insieme a loro qualsiasi preda può essere catturata senz’uso
di armi. Dimostrazioni di quest’antica tecnica possono essere dispensate ai
gruppi in visita (solo su appuntamento o in occasione di feste cosacche),
unitamente a esibizioni d’abilità equestre o bellica dei giovani cadetti del
centro “Kazachiy Rubezh” (646875,
the Omsk Region, Odessky district, Generalovka village, Cossack Lane n.4,
email: generalovka@mail.ru), a danze
e canti tradizionali; a Generalovka, tuttavia, si possono consultare anche
testimonianze sui Cosacchi in Siberia nell’archivio etnografico dedicato alla loro
cultura. Nei pressi è inoltre prevista, per i prossimi anni, la costruzione del
primo kinodromo russo e di un albergo da 50 posti, in aggiunta agli attuali
manieri per ospiti.
Lungo l’antica strada difensiva che collegava Mosca alla Siberia, di cui nell’area di Omsk si sono conservati ben 400 chilometri, è infine possibile visitare i villaggi di Stanovka e Forpost, calandosi nell’atmosfera originale del distretto di Bolsheukovky.
In cenci da prigionieri e scortati da Cosacchi a cavallo, attraverso un paesaggio paludoso identico a quello che qui si offriva quasi 300 anni fa, i “nuovi invasori” ripercorrono a piedi interi tratti della storica via, venendo però istruiti sulle unicità ornitologiche e sfamati con cibo tradizionale.
Chi riuscisse a spingersi sino al centro etnografico di Bolsherechye, può però riassaporare il profumo della libertà, rivivendo il tipico folklore del Settecento siberiano o esplorando l’unico zoo rurale di tutta la Russia. E se a questo punto la regione di Omsk non riuscisse a rivendicare ancora il titolo di Centro dell’Asia, potrebbe quanto meno aspirare a quello di Centro del Mondo.
Sintesi disponibile sull'edizione inglese di Rbth: