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English Text |
La
via più breve per raggiungere l’America passa da SintNiklass, la capitale del
Waasland fiammingo sino a oggi famosa soprattutto per le sue misure abbondanti:
non paga di possedere la piazza del mercato più ampia del Belgio, l’esemplare
cittadina art-decò detiene infatti il record per l’albero di Natale e l’uovo di
Pasqua più grandi in Europa, oltre al non meno lusinghiero titolo di “most
pedestrian friendly city in Flanders”.
Coabitare con sette giganti deve aver d’altra parte influito sull’insolita grandeur dei residenti, visto che sia per le vie colme di caffè e birrerie, sia in prossimità dei castelli di Castro e Walburg, o addirittura in cima alla collina dove brilla il secentesco Mulino Bianco, ci si può imbattere in qualsiasi momento nello sbalorditivo quartetto extralarge formato da Janneken, Mieke, Santa Claus e Zwarte Piet, cui ben volentieri si accompagnano i magi Caspar, Melchior e Balthasar: ma nonostante la stazza pantagruelica, quest’insolita compagine di ambasciatori carnascialeschi e natalizi non è ancora riuscita a relegare ai margini delle mappe cittadine l’ospite più straniante di Sint Niklass.
Coabitare con sette giganti deve aver d’altra parte influito sull’insolita grandeur dei residenti, visto che sia per le vie colme di caffè e birrerie, sia in prossimità dei castelli di Castro e Walburg, o addirittura in cima alla collina dove brilla il secentesco Mulino Bianco, ci si può imbattere in qualsiasi momento nello sbalorditivo quartetto extralarge formato da Janneken, Mieke, Santa Claus e Zwarte Piet, cui ben volentieri si accompagnano i magi Caspar, Melchior e Balthasar: ma nonostante la stazza pantagruelica, quest’insolita compagine di ambasciatori carnascialeschi e natalizi non è ancora riuscita a relegare ai margini delle mappe cittadine l’ospite più straniante di Sint Niklass.
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© Stad Sint-Niklaas/Gert Cools |
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© Stad Sint-Niklaas |
Non si tratta di un personaggio comune, questo è certo; e già il fatto
che una sua statua di bronzo sia conservata nel municipio neo-gotico della città,
la dice lunga. Gerardus Mercator, inventore del primo atlante e delle famose
proiezioni geometriche che ancor oggi appaiono sui nostri Gps, si conferma infatti
il vero gigante mondiale della cartografia. A 420 anni esatti dalla sua
scomparsa, avvenuta a Duisburg il 2 dicembre 1594, può vantare riproduzioni del
globo che lasciano completamente interdetti persino i satelliti della Nasa: com’è
possibile che sulle sue mappe siano disegnati perfettamente i confini di fiumi
e laghi nel Sahara risalenti almeno al 7.500 a.C., ma estintisi già da 5.000
anni? Per quanto oggi esistano nel Chad alcuni bacini più piccoli, noti come
laghi Ounianga, questi sono pur sempre “resti geologici” appartenenti a un’era troppo remota per le Fiandre di Mercator; un’era, oltretutto, cui siamo
riusciti a risalire grazie ai dati provenienti dalle registrazioni in orbita.
Ma non è tutto. Sempre sul suo capolavoro cartografico del 1569, appaiono
numerose isole fantasma, ritenute sino a poco tempo fa frutto della fantasia
dell’epoca, eppur davvero esistenti in relazione ai recenti risultati sullo
studio dell’innalzamento degli oceani. Ancora una volta, poi, sono gli specchi
d’acqua dolce del Nord America a sollevare inquietanti interrogativi: che ci
fanno i laghi Great Bear e Great Slave fra le miniature di Mercator? Nel XVI
secolo nessun europeo si era ancora spinto lassù. O almeno così pare.
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Nova et Aucta Orbis Terrae Descriptio ad Usum Navigantium Emendata (1569) |
Sono solo
alcuni punti critici messi in evidenza dal nuovo allestimento del museo Mercator di Sint Niklass, tirato a lucido dopo i lavori per l’anniversario
della nascita dell’illustre cartografo, avvenuta nel 1512, e tornato ad aprire
i battenti della sezione dedicata alla moderna cartografia proprio lo scorso 13
novembre. Dal 1962 offre una delle migliori ricostruzioni della cartografia dalle
origini ai nostri giorni, valorizzando in particolare l’opera di Gerard De
Cremer, noto appunto come Mercator: suoi sono infatti il Globo delle Terre Rare
(1541) e il Globo Celeste (1551) inseriti nella lista dei capolavori
fiamminghi a disposizione dei visitatori del museo; ma fra le preziose sale ci
si imbatte anche nella prima edizione dell’atlante Tolomeo (1584), risalendo
via via agli esemplari più preziosi stampati nei secoli a venire. Autentico
gioiello tecnologico, il nuovo settore multimedia permette invece di entrare in
una macchina del tempo che riconduce alle Fiandre del XVI secolo, ingrandendo
dettagli delle mappe del 1541, per poi assistere al lento e poetico illuminarsi
delle 51 costellazioni disegnate da Mercator, o semplicemente salire sulla nave
a bordo della quale scaturì l’intuizione delle sue famose proiezioni
cilindriche, in grado di creare isogonia sulle carte. A breve, infine, sarà
possibile confrontarsi anche con le teorie di un altro dibattuto contemporaneo
e futuro ospite del museo: Cartesio.
Senza dover scomodare alieni o civiltà
estinte prima dell’ultima glaciazione - almeno per ora, ipotizza qualcuno –
dalla cittadina fiamminga sono però tornati a guardare con maggior interesse
alle vicissitudini di un nobile palazzo veneziano, Ca' Zen, cercando di
capire quali strani intrecci abbiano legato in passato le sorti delle Fiandre e
della Serenissima.
Quasi misconosciuti in patria, tacciati di meschine rivendicazioni sulla scoperta dell’America, i fratelli Niccolò e Antonio Zeno si stanno finalmente levando qualche sassolino dalla pantofola a distanza di secoli dalle loro imprese marinare: Estotiland, ovvero la Nuova Scozia, sarebbe stata infatti scoperta grazie alla loro abilità ammiraglia al servizio del potente conte delle Orcadi, nonché protettore degli eredi templari, Henry I Sinclair.
Quasi misconosciuti in patria, tacciati di meschine rivendicazioni sulla scoperta dell’America, i fratelli Niccolò e Antonio Zeno si stanno finalmente levando qualche sassolino dalla pantofola a distanza di secoli dalle loro imprese marinare: Estotiland, ovvero la Nuova Scozia, sarebbe stata infatti scoperta grazie alla loro abilità ammiraglia al servizio del potente conte delle Orcadi, nonché protettore degli eredi templari, Henry I Sinclair.
“Quelli che l'abitano sono
ingegnosi – viene riportato ne I commentarii del Viaggio trascritti dall’omonimo
nipote Nicolò - et hanno tutte le
arti come noi, e credesi che in altri tempi avessero commercio con i nostri:
perché dice di aver veduti libri latini nella libreria del re, che non vengono
ora da loro intesi. Hanno lingua e lettere separate; e cavano metalli d'ogni
sorte, e soprattutto abondano di oro; e le lor pratiche sono in Engroveland, di
dove traggono pellicce e zolfo e pegola; e verso Ostro narra che v'è un gran
paese molto ricco d'oro e popolato. Seminano grano e fanno la cervosa
(cervogia, cioè la birra), che è una sorte di bevanda che usano i popoli
settentrionali, come noi il vino. Hanno boschi d'immensa grandezza, e
fabbricano a muraglia (....) Fanno navigli e navigano: ma non hanno la
calamita, né intendono sul bossolo la Tramontana”.
E’ grazie a queste descrizioni, ma soprattutto alla mappa originalmente
disegnata dai due fratelli veneziani, che Mercator poté tracciare con tanta
precisione i confini del mondo artico, a ulteriore riprova del fatto che le
navigazioni verso il Nord America erano già comuni, benché non pubblicizzate,
in epoca vichinga e pre-colombiana (ma gli ultimi studi retrodatano i contatti
fra continenti di ulteriori secoli addietro). D’altra parte, né Venezia, né l’armatore
dei fratelli Zeno (che trasse in salvo Niccolò quando una tempesta in prossimità
dei porti fiamminghi lo spinse sino in Scozia) avevano alcun interesse a far
sapere in Europa delle terre con cui erano entrati in contatto: la Serenissima
aveva costruito la sua ricchissima rete commerciale monopolizzando i traffici con
l’Oriente e nel Mediterraneo, mentre Henry Sinclair, sotto costante minaccia
delle invasioni inglesi, voleva tenersi aperta una via di fuga segreta dove
eventualmente nascondere il suo leggendario tesoro (ereditato forse dai templari).
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Giovanna Sainaghi, direttrice di VisitFlanders in Italia |
Alla luce del successo letterario di David van Reybrouck, l’autore fiammingo del best seller post-coloniale “Congo”, le Fiandre e il Belgio sono però tornati ad affascinare l’immaginario collettivo anche per la storia dei viaggi verso le terrae incognitae dell’atlante. Ma se oggi possiamo muoverci da un capo all’altro del mondo, e magari concederci una comoda tappa in treno a Sint Niklaas sulla via per Gent o Anversa, è sempre e comunque al genio di Gerardus Mercator che dobbiamo tornare”.
Per informazioni: http://turismofiandre.it
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